Mio intervento in aula su delega lavoro: non possiamo dare il nostro consenso

Vorrei innanzitutto ringraziare, senza formalità, il presidente Speranza, il Presidente Damiano e tutti i componenti della Commissione Lavoro per l’impegno a dare protagonismo effettivo alla Camera dei Deputati sul Disegno di Legge Delega sul Lavoro. Non era scontato e non è stato facile. Sono state giornate difficilissime per loro e per tutti noi. Il testo arrivato dal Senato è stato migliorato.

Tuttavia, rimangono valutazioni negative su punti decisivi.

1. Si continuano a celebrare interventi di allargamento di tutele a chi non ne ha, ma il propagandato “contratto unico” non c’è e non c’è neanche una significativa eliminazione delle decine di tipologie di contratti precari. È un obiettivo rinviato, indefinito, eventuale.

2. Le risorse per le politiche attive e passive per l’occupazione, quindi anche per gli ammortizzatori sociali per i lavoratori e lavoratrici precarie, non ci sono. Con un emendamento del governo al Disegno di Legge di Stabilità sono stati individuati 200 milioni di euro, invece che i prospettati 1,5 miliardi. Sommati alle risorse già stanziate per il 2015, il totale è inferiore a quanto utilizzato nel 2014 per la Cassa Integrazione in Deroga.

3. Viene cancellata la disciplina del 2012 in merito alla possibilità di reintegro per chi viene licenziato senza giustificato motivo economico manifestamente insussistente. Un intervento di arretramento generale e sistemico rilevante per tutti, non soltanto sui diretti interessati. La prevista possibilità di reintegro in caso di particolari fattispecie di licenziamenti disciplinari è puramente virtuale. Le imprese utilizzeranno il canale dei licenziamenti economici che, anche quando manifestamente insussistenti, non hanno rischio di reintegro.

4. I processi di demansionamento e l’attivazione dei controlli a distanza continuano a escludere chi rappresenta lavoratori e lavoratrici.

5. Infine, il campo di applicazione dei voucher rimane pericolosamente ambiguo.

In sintesi, il provvedimento è chiaro e effettivo sulle norme di arretramento delle condizioni delle persone che lavorano. È, invece, indefinito e virtuale nelle misure di ridimensionamento della precarietà. In sostanza, il Disegno di Legge Delega segue l’orientamento alla svalutazione del lavoro dominante nell’Unione europea e nell’euro-zona. Un orientamento non soltanto regressivo, ma recessivo, confermato dal segno macro-economico e distributivo del Disegno di Legge di Stabilità.

Non aiutano a migliorare la valutazione del Disegno di Legge Delega le parole del Presidente del Consiglio sul lavoro. È semplicemente contraddetto da tutta l’evidenza empirica disponibile che l’art.18 dello Statuto dei Lavoratori freni gli investimenti e che la “libertà di licenziamento”, cara al Presidente Renzi, porti occupazione. Ed è molto pericoloso, in una fase di acuta sofferenza economica e sociale, contribuire a delegittimare chi faticosamente rappresenta milioni di persone che lavorano, in condizioni più o meno precarie, o cercano lavoro. Non si promuove così la pace sociale. Così, si alimenta il ribellismo corporativo.

Per le suddette ragioni di merito e politiche, insieme a una trentina di altri colleghi del Pd non possiamo dare il nostro consenso al Disegno di Legge Delega sul Lavoro.

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