Fare memoria significa non fare mai di questa giornata un passaggio rituale. Oggi dobbiamo ricordare tutte le deportazioni e non dobbiamo mai smettere di farlo, pensando alla testimonianza di tutti coloro che hanno vissuto la terribile esperienza dei campi di sterminio, i sopravvissuti, e che non si sono mai stancati di raccontare che “questo è stato”, e ai milioni di uomini, donne e bambini che nei campi di sterminio sono stati annientati, annichiliti, uccisi.
Oggi è il giorno di Auschwitz, per ricordare la deportazione degli ebrei e tutte le deportazioni. I Rom caddero vittime dello stesso atroce destino.
Il Nazismo li dichiarò “razza inferiore” e così furono costretti all’internamento, al lavoro forzato, e, infine, allo sterminio. Furono uccisi in Unione Sovietica e in Serbia e deportati nei campi di concentramento di Bergen-Belsen, Sachsenhausen, Buchenwald, Dachau, Mauthausen, e Ravensbruck.
Dopo il 1945 altre persecuzioni sono seguite, con il mondo rimasto a guardare. Solo venti anni fa si è parlato di pulizia etnica in ex Jugoslavia, davanti a noi. E le cancellerie hanno lasciato fare, prima di intervenire.
Il giorno della memoria per scolpire in noi l’inaudita eredità della storia dietro di noi. Non dobbiamo mai abbassare la guardia sui nostri valori. Il rispetto di tutte le etnie, l’accoglienza, il loro diritto di cittadinanza, non possono essere parole vuote. Sono le nostre azioni concrete a dare senso a ciò in cui diciamo di credere. Come i simboli del ricordo, quello che oggi voi avete inaugurato.
Sono i valori della nostra Costituzione, un testo bello e attuale che spesso qualcuno vuole peggiorare. Le semplificazioni del quotidiano invece ci allontanano dalla memoria di quel che è stato e ci inducono a sottovalutare i mai sopiti segnali di intolleranza verso le differenze. Noi ricordiamo oggi tutte le deportazioni perché le nostre città, Milano come Roma, siano luoghi di accoglienza e rispetto di tutti. A noi il compito di renderlo possibile
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