La ricognizione svolta dal commissario straordinario di Roma Francesco Paolo Tronca fornisce informazioni utili per la città e soprattutto per chi sarà chiamato a governare la Capitale. Gli introiti dovuti da chi aveva l’obbligo e le possibilità di pagare – e non lo ha fatto – sono soldi in meno per le politiche sociali, le strade, gli asili, la pulizia della città, le periferie. Il patrimonio di Roma è un bene comune. Non va svenduto, ma utilizzato innanzitutto a fini sociali con criteri di assegnazione e canoni adeguati a attività che non sono di mercato ma “producono” solidarietà, cultura, integrazione e tutela dell’ambiente, in una città sempre più povera di welfare municipale, mutualità diffusa e spazi pubblici. Il patrimonio di tipo residenziale va dedicato ad affrontare il problema abitativo, mentre il patrimonio commerciale deve andare a sostenere negozi e botteghe che fanno l’identità culturale e imprenditoriale della nostra città, come proposto qualche giorno fa da Lorenzo Tagliavanti, Presidente della Camera di Commercio. Insomma, il patrimonio capitolino deve rimanere al Comune e l’amministrazione deve valorizzarlo in termini sociali, in una visione solidale della città.

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