I due candidati al ballottaggio hanno dato risposte che definirei burocratiche alla questione posta dai giovani artisti che negli scorsi giorni hanno cercato di riaprire e restituire luce al teatro Valle.
Giachetti si è limitato a ricordare che sarebbe stato, nei mesi scorsi, costruito un accordo per riaprirlo dopo lavori di ristrutturazione, dimenticando per altro che sono annunciati di continuo e mai iniziati.
Anche Virginia Raggi non sembra aver compreso la reale natura della battaglia di quella comunità che ha aperto alla città il Teatro Valle e offerto per anni un servizio inestimabile, limitandosi, almeno così sembra, a considerare il Valle uno dei tanti luoghi da “mettere a bando”.
Il Valle è ormai diventato un simbolo, una cartina di tornasole di qualunque governo della città . L’azione dell’11 giugno scorso, non ha soltanto denunciato lo scandalo di un teatro storico della capitale, tenuto chiuso senza ragione e senza speranza. Non ha soltanto posto con forza la necessità di investire in cultura e di offrire a tanti giovani artisti una possibilità di esercitare la propria professione, ma ha offerto alla città e ai suoi governanti una straordinaria occasione per discutere, approfondire e sperimentare la gestione di un bene comune. Il teatro Valle potrebbe diventare la prima istituzione culturale gestita che ne garantisca la dimensione pubblica e contemporaneamente una gestione partecipata.
Nella proposta di fondazione partecipata, discussa pubblicamente, con partecipazione di professionalità competenti e comuni cittadini, ci sono indicazioni preziose per la gestione condivisa dei beni e dei servizi pubblici e per il rinnovamento delle istituzioni culturali. L’idea di poter identificare una comunità di riferimento di un teatro, una comunità di operatori, artisti e cittadini che si prenda cura del teatro, della sua organizzazione e della sua gestione rappresenta una indicazione preziosa. Nello stesso tempo la possibilità di cambiare, rendere democratiche e trasparenti, comunitarie e partecipate le decisioni sulla direzione artistica, sul rapporto tra il teatro e i suoi utenti, dai costi dei biglietti alle scelte produttive, dalla formazione del pubblico alla attività di laboratorio e la richiesta di creare un teatro che consenta agli artisti, ai tecnici, agli operatori di vivere del proprio lavoro, sono indicazioni preziose per chiunque si debba porre il problema di gestire in modo nuovo le istituzione culturali pubbliche, per chiunque voglia fare una politica culturale.
Non si può rispondere a queste richieste limitandosi a ribadire l’affidamento al Teatro di Roma o la proposta del centro per la scena contemporanea e neppure rifarsi ai bandi pubblici per l’assegnazione del patrimonio pubblico. Proprio come si è limitato a fare il sindaco Marino. Siamo appunto alle risposte burocratiche, ad un atteggiamento che non coglie l’occasione che l’esperienza e la ricchezza del Valle ci ha offerto. Invece bisogna finalmente aprire un dibattito vero nella città , nel mondo della cultura e nel Consiglio Comunale su questi presupposti. E questo cercheremo di provocare. Trasformeremo in una proposta di delibera, il progetto di sperimentazione artistica condotto dalla comunità di lavoratori e utenti che si è dotata della Fondazione Teatro Valle Bene Comune, come strumento di governo e chiameremo il consiglio comunale a discuterne.
Giachetti si è limitato a ricordare che sarebbe stato, nei mesi scorsi, costruito un accordo per riaprirlo dopo lavori di ristrutturazione, dimenticando per altro che sono annunciati di continuo e mai iniziati.
Anche Virginia Raggi non sembra aver compreso la reale natura della battaglia di quella comunità che ha aperto alla città il Teatro Valle e offerto per anni un servizio inestimabile, limitandosi, almeno così sembra, a considerare il Valle uno dei tanti luoghi da “mettere a bando”.
Il Valle è ormai diventato un simbolo, una cartina di tornasole di qualunque governo della città . L’azione dell’11 giugno scorso, non ha soltanto denunciato lo scandalo di un teatro storico della capitale, tenuto chiuso senza ragione e senza speranza. Non ha soltanto posto con forza la necessità di investire in cultura e di offrire a tanti giovani artisti una possibilità di esercitare la propria professione, ma ha offerto alla città e ai suoi governanti una straordinaria occasione per discutere, approfondire e sperimentare la gestione di un bene comune. Il teatro Valle potrebbe diventare la prima istituzione culturale gestita che ne garantisca la dimensione pubblica e contemporaneamente una gestione partecipata.
Nella proposta di fondazione partecipata, discussa pubblicamente, con partecipazione di professionalità competenti e comuni cittadini, ci sono indicazioni preziose per la gestione condivisa dei beni e dei servizi pubblici e per il rinnovamento delle istituzioni culturali. L’idea di poter identificare una comunità di riferimento di un teatro, una comunità di operatori, artisti e cittadini che si prenda cura del teatro, della sua organizzazione e della sua gestione rappresenta una indicazione preziosa. Nello stesso tempo la possibilità di cambiare, rendere democratiche e trasparenti, comunitarie e partecipate le decisioni sulla direzione artistica, sul rapporto tra il teatro e i suoi utenti, dai costi dei biglietti alle scelte produttive, dalla formazione del pubblico alla attività di laboratorio e la richiesta di creare un teatro che consenta agli artisti, ai tecnici, agli operatori di vivere del proprio lavoro, sono indicazioni preziose per chiunque si debba porre il problema di gestire in modo nuovo le istituzione culturali pubbliche, per chiunque voglia fare una politica culturale.
Non si può rispondere a queste richieste limitandosi a ribadire l’affidamento al Teatro di Roma o la proposta del centro per la scena contemporanea e neppure rifarsi ai bandi pubblici per l’assegnazione del patrimonio pubblico. Proprio come si è limitato a fare il sindaco Marino. Siamo appunto alle risposte burocratiche, ad un atteggiamento che non coglie l’occasione che l’esperienza e la ricchezza del Valle ci ha offerto. Invece bisogna finalmente aprire un dibattito vero nella città , nel mondo della cultura e nel Consiglio Comunale su questi presupposti. E questo cercheremo di provocare. Trasformeremo in una proposta di delibera, il progetto di sperimentazione artistica condotto dalla comunità di lavoratori e utenti che si è dotata della Fondazione Teatro Valle Bene Comune, come strumento di governo e chiameremo il consiglio comunale a discuterne.
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