(Intervista tratta da : Affaritaliani.it)

Che ne pensi del referendum costituzionale e di come è stato gestito dalle parti in particolare da Palazzo Chigi?
Penso sia una grande occasione per riaprire una nuova stagione democratica e per riaffermare un principio molto chiaro: il Paese non riparte mettendo in discussione i diritti fondamentali dei cittadini e dei lavoratori. Siamo di fronte una riforma pasticciata che viene presentata come l’unica via per la ripresa. Il combinato disposto revisione costituzionale e Italicum, invece, rappresenta un colpo letale ai principi di partecipazione e di sovranità popolare, con un parlamento di nominati dalla politica e un senato non eleggibile, tra l’altro senza che via sia un reale abbattimento dei suoi costi di funzionamento. Anche Renzi ha compreso la debolezza della proposta. Non è un caso che si è passati da una personalizzazione esasperata della sfida referendaria a una presa di distanza ingiustificabile: il premier ha detto che se vince il ‘no’ non è la fine del mondo. Da queste parole si capisce che il presidente del Consiglio e il suo governo temono ormai la debacle.
Pensi che questa riforma costituzionale sia stata ispirata da qualcuno soprattutto a livello internazionale? I mercati ne hanno veramente bisogno per ripartire?
Siamo ormai di fronte a un’Europa che è espressione di un ordine economico e sociale fondato sulla svalutazione del lavoro e sulla marginalizzazione delle classi medie. Il governo sta applicando pedissequamente la ricetta ormai vecchia dei tagli al welfare per la riduzione delle tasse alle imprese, e dello smantellamento del contratto nazionale del lavoro. Una ricetta seguita da tutti i Paesi europei. La riforma costituzionale va in questa direzione e rappresenta il primo passo verso la modifica dei principi fondamentali della carta. Una vittoria del sì aprirebbe definitivamente la strada a questa pericolosa deriva.
Cosa servirebbe invece al paese per rilanciarsi sul serio, sia a livello di riforme economiche politiche che sociali?
Il Paese ha bisogno di un serio piano di investimenti pubblici che ridia un nuovo impulso all’economia reale. Per rianimare e qualificare la ripresa è necessario aumentare la spesa per investimenti pubblici di un punto percentuale di Pil all’anno (circa 18 miliardi) per un triennio: per la messa in sicurezza antisismica del patrimonio immobiliare nazionale, per la ricostruzione post terremoto e per un piano industriale per la mobilità sostenibile. È necessario archiviare il fiscal compact per un social compact in Italia e nell’eurozona. Alcuni giorni fa i dati Istat sulle condizioni del mercato del lavoro hanno confermato il fallimento del Jobs Act e del pacchetto di decontribuzione previdenziale di circa 15 miliardi nel triennio voluto dal governo Renzi: da gennaio 2015 al luglio scorso gli occupati a tempo indeterminato sono aumentati di circa 376.000 unità. L’aumento però ha riguardato soltanto la fascia di età superiore ai 50 anni ed è dovuto al brutale innalzamento dei requisiti per il pensionamento determinato dalla legge Fornero. I dati Istat hanno confermato inoltre che il Pil italiano non è cresciuto nel secondo trimestre 2016. Un dato che mi pare inequivocabile e che rappresenta il fallimento delle politiche economiche del governo Renzi.
Capitolo banche: stante la situazione attuale cosa deve fare il sistema Italia per uscirne senza troppi danni? Che ne pensi di Etruria e Monte dei Paschi?
Dobbiamo guardare la radice dei problemi. Le banche italiane non erano così in difficoltà cinque o quattro anni fa. Le banche sono oggi piene di crediti non esigibili perché l’economia reale continua ad essere in difficoltà. Non riusciremo a risolvere il problema bancario se l’economia reale non ripartirà e se continueremo a fare una politica economica sbagliata, tutta giocata sulla svalutazione del lavoro. Bisogna insomma intervenire sulle ragioni di fondo che determinano la sofferenza dei crediti bancari. Se non si rimette in moto l’economia reale, se non si sbloccano gli investimenti pubblici ci troveremo sempre a dover mettere una pezza a un sistema bancario che per ragioni strutturali non ce la può fare.
Il centro-destra appare più che mai in mezzo al guado ed in cerca del rilancio mentre il Pd sembra fermo sulle gambe e interamente a rimorchio del premier. Qual è la sua opinione in proposito?
Io credo che si è aperta una faglia: da una parte ci sono i partiti pro establishment dall’altra quelli anti-establishment. Il centrodestra e il Pd si trovano, al momento, dalla stessa parte, ossia nel primo gruppo. Entrambi sono a favore delle politiche liberiste europee. Noi abbiamo scelto di stare dall’altra parte della faglia: per la costruzione di un’Europa del lavoro, per un social compact, per rimettere il lavoro e i diritti al centro delle politiche nazionali ed europee
Qualcuno tenterà cinicamente di utilizzare l’emergenza terremoto per rinviare il referendum costituzionale o per anestetizzare l’opposizione?
Mi auguro che ciò non avvenga. Sarebbe grave strumentalizzare una vicenda così grave e dolorosa per il nostro Paese. Noi, anche sulla nomina di Errani, abbiamo scelto di stare dalla parte dei cittadini e di restare sempre sul merito dei problemi e delle questioni.
Un tuo giudizio sul movimento 5 stelle e su quello che stanno facendo nella capitale
Ciò che sta accadendo a Roma è molto grave. Una situazione resa ancor più grave dall’assenza di trasparenza. La sindaca Raggi ancora non ha ritenuto opportuno venire in aula per spiegare pubblicamente cosa sta avvenendo. Roma rischia di pagare a caro prezzo le spaccature interne al M5S. Inoltre in questa prima fase il M5S non sta rispettando gli impegni presi con le cittadine e i cittadini, a partire dall’indizione di un referendum sulle Olimpiadi. A Roma serve un governo basato sulla serietà e sulla competenza. Al momento il M5S sta dimostrando di non essere all’altezza della sfida.
Cosa fare per rilanciare la capitale?
Bisogna fare ciò che abbiamo detto anche in campagna elettorale: innanzitutto mettere mano al debito di Roma Capitale, rinegoziando il debito con Cassa depositi e Prestiti per recuperare risorse da utilizzare per la città. Poi serve una cura del ferro con la creazione di 4 linee tranviarie periferiche e il completamento della rete delle metropolitane. Infine è necessario un piano per la cultura e i servizi sociali, nonché la valorizzazione di tutte quelle esperienze che sul territorio lavorano per fornire assistenza e per produrre socialità. Nelle prossime ore presenteremo una nuova versione della delibera 140, per impedire lo sgombero di tante realtà associative e di volontariato che rappresentano una ricchezza per la Capitale.

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