Tratto dall’Huffington Post
Con la scomparsa del Presidente Ciampi l’Italia e l’Unione europea perdono una delle più autorevoli e rilevanti personalità delle istituzioni e della politica della fase repubblicana, una personalità capace di unire il Paese nei momenti di maggiore difficoltà, un uomo di straordinaria umanità, di incrollabile fede europeista nata sulle macerie prodotte dai nazionalismi fratricidi della II Guerra Mondiale. Una fede europeista che lo ha portato ad essere protagonista, non soltanto testimone, come ha scritto qualcuno in queste ore, dell’europeizzazione dell’Italia. Un’europeizzazione trainata da un’Europa ideale e idealizzata, intesa come leva di modernizzazione intrinsecamente progressiva, nella sua visione altrimenti irraggiungibile per l’Italia, date le tare storiche del tessuto morale, civico e economico del nostro popolo, espresso inevitabilmente anche dalle nostre classi dirigenti. Nella tradizione della Banca d’Italia di Guido Carli, l’Unione europea è imprescindibile “vincolo esterno”, costruito e utilizzato dalla parte migliore, ma minoranza, delle classi dirigenti italiane nell’interazione, spesso subalterna, con la parte migliore delle classi dirigenti dei Paesi leader nel continente.
Dalla metà degli anni ’80, dalla guida della Banca d’Italia, la preoccupazione, forse la disperazione, per lo sgretolamento morale, prima che politico e elettorale della “Repubblica dei Partiti”, riflesso dall’esplosione del nostro debito pubblico, unita alla indelebile memoria del baratro morale, oltre che delle sofferenze umane, economiche e sociali della “guerra civile” europea, lo portava a credere nell’euro come leva di integrazione politica nel vecchio continente. Così, dopo il crollo del muro di Berlino, insieme a altre personalità autorevoli della sua generazione e delle generazioni immediatamente successive (da Napolitano a Prodi, da Scalfari a Andreatta, da Padoa-Schioppa a Enzo Visco), fu artefice di un’accelerazione politica verso la moneta unica. La matrice culturale azionista alimentava una sintonia profonda con la tecnocrazia liberale e cattolico-socialista, in particolare francese, lo portava a confidare in un determinismo economicistico in base al quale la morsa della moneta avrebbe meccanicamente portato all’integrazione politica attraverso elite illuminate, capaci di guidare i rispettivi popoli anche senza passaggi di diretta partecipazione democratica. Le figure più lucide del Partito Comunista, come Luciano Barca, erano inascoltate. Nel post ’89, gli eredi sbandati della maggiore forza politica nata come espressione dell’universo del lavoro si accodavano.
Purtroppo, le nobili illusioni erano minate dalle fondamenta. I difetti di analisi storica-politica e economica emergevano presto nell’euro-zona, dopo il blocco della finanza allegra e speculativa. Alcuni suoi cari amici economisti, come Luigi Spaventa, l’avevano previsto. La moneta unica si inscriveva in Trattati profondamente segnati da un impianto liberista e veniva governata dal filone del mercantilismo liberista tedesco. L’euro era stato da tanti prospettato come argine comune agli effetti regressivi della de-regolazione dei movimenti di capitali, merci e servizi sulla democrazia e sulle condizioni sociali. Invece, alla prova della realtà, la moneta unica si rivelava un errore politico di portata storica in quanto fattore di divaricazione tra i popoli europei e disgregazione dell’Unione europea.
Il maggiore merito storico di Carlo Azeglio Ciampi è stato, come ha ricordato qui ieri Luciano Violante, la rianimazione del “patriottismo costituzionale”. La sua insospettabile storia antifascista gli consentiva di rompere il monopolio della destra di derivazione fascista nell’uso del Tricolore e di proporre un’interpretazione storicamente fondata della Patria come comunità aperta sul versante interno e cooperativa sul versante esterno. Purtroppo, mentre il “suo” patriottismo costituzionale si ri-legittimava sul piano culturale e simbolico, l’ordine economico e sociale dell’euro lo svuotava sul piano sostanziale. La “Repubblica democratica, fondata sul lavoro” veniva marginalizzata dalla “cultura della stabilità” affermata come svalutazione del lavoro.
Speriamo che lo spirito europeista di Carlo Azeglio Ciampi aiuti a salvare l’Unione europea dal “suo” euro.
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