Dall’huffington Post
Caro Fabrizio, ti ringrazio per il tuo post di ieri dedicato “alle sinistre”. Finalmente, dopo tanti autorevoli interventi prigionieri di politicismo e autoreferenzialità, un’analisi seria della realtà, un obiettivo ambizioso e realistico, un metodo di lavoro potenzialmente fertile.
Siamo ad un passaggio di fase. Le condizioni della sinistra storica in Italia non sono un’eccezione rispetto al panorama europeo e occidentale, sono sulla parabola percorsa dalla variegata famiglia socialdemocratica del vecchio continente e dal Partito Democratico al di là dell’Atlantico. La sinistra storica è ovunque fuori gioco perché stata complice, per subalternità culturale, per incapacità, per oggettive difficoltà, per opportunismo, della regressione delle condizioni economiche e sociali del suo popolo. In Europa, dopo il secondo conflitto mondiale, è stata protagonista del “trentennio glorioso” di civilizzazione del capitalismo attraverso i welfare-state. Poi, ha provato, fino all’89, a resistere all’ascesa del neo-liberismo. Infine, nell’ultimo quarto di secolo, si è arresa all’Unione neo-liberista europea: al mercato unico senza standard sociali e ambientali e all’euro, errori di portata storica, fattori di aggravamento della svalutazione del lavoro promossa dal capitalismo globale e finanziario.
Ora siamo a un passaggio di fase: il 2016 è per il neo-liberismo reale quello che l’89 è stato per il socialismo reale. La Brexit, la vittoria di Trump e il nostro straordinario risultato al referendum costituzionale del 4 Dicembre scorso sono le scosse di magnitudo massima, precedute da tante scosse “minori” in elezioni regionali e nazionali. È diventata evidente la faglia che attraversa le nostre società: da una parte, larghissima, il popolo delle periferie economiche, sociali e culturali; dall’altra gli “inclusi” raccolti intorno ai signori della globalizzazione. Purtroppo, non abbiamo a che fare con classi sociali e condizioni materiali omogenee, come nel ‘900. Da entrambi i versanti della faglia vi sono contraddizioni, conflitti, gerarchie anche feroci. Un punto, però, è evidente: “History is back”. Fukuyama e la “fine della Storia” clamorosamente smentiti. Il capitalismo, nella configurazione neo-liberista dominante negli ultimi tre decenni, è insostenibile per le democrazie delle classi medie.
È l’analisi di alcuni di noi, ma è come scrivi tu: non c’è “un impianto condiviso di lettura della società e della fase storica che attraversiamo”. Così, non riusciamo a convincere. “… Ci vuole una lettura empirica e concettuale condivisa della società e del blocco di interessi e di valori che la sinistra potrebbe ricostruire: ne siamo lontani. Né tantomeno ha senso immaginare che attorno a un reciproco riconoscimento sorga un patto per presentarsi agli elettori, una sorta di rassemblement di sinistra. Ci si è già provato, senza buoni esiti. Non è maturo. Apparirebbe e sarebbe una mossa tattica, che si scioglierebbe al primo sole.”
Per quanto posso, sono pronto a mettermi al lavoro insieme. Condivido la proposta di scegliere come bussola per un cammino di ricerca comune l’art 3 della nostra Costituzione e la centralità della persona umana. Sogno da tempo una sinistra rigeratata da un “neo-umanesimo laburista”. Mi permetto di dare anche un suggerimento operativo per individuare il “luogo neutro” a partire dal quale avviare il cammino: la Fondazione Basso insieme alla Fondazione Centro Riforma dello Stato, due ambiti autorevoli per spessore morale e intellettuale, aperti da sempre a tutte le articolazioni della sinistra politica e sociale, ai movimenti, alle forze libere della cultura. Chiediamo a loro la disponibilità a promuovere un primo incontro nel quale incominciare a fare la scaletta per arrivare all’ “Agenda Minima”. Come indichi tu, “non un “Programma”, perché non verrà presentata in alcuna scadenza elettorale, ma il minimo comune multiplo di percorsi diversi. Ognuno, ogni forza, riprenderà il mattino dopo la propria strada. Il <> impegno comune sarà che, da qualunque posizione, istituzionale o di movimento, di governo o di opposizione, e in qualunque foro e spazio del paese, quegli obiettivi minimi condivisi saranno perseguiti.” È vero: non è molto, è moltissimo. Lavoriamoci.
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