Finalmente, sembra che la Sindaca Raggi promuova un incontro con Regione e Acea sulla crisi idrica in corso nel Lazio e, in particolare, a Roma. Il ritardo e le inutili polemiche sono evidenti.

Sull’acqua, non siamo di fronte a una emergenza, ma a problemi strutturali, conseguenza di un lungo passato di politiche sbagliate o di strumentale inazione dei governi territoriali e nazionale.
In tale contesto, la Sindaca di Roma e il Presidente di Acea Ato2 hanno risposto come se fossero semplici utenti. Invece, il Comune di Roma ha il 51% di Acea, l’azienda che gestisce le risorse idriche nella capitale e oltre.

Allora, che fare?
Nel breve periodo, è necessario intensificare al massimo sia il risparmio di acqua, sia intensificare la manutenzione delle condutture.
Non basta. Oggi, è anche necessario un profondo e esteso ammodernamento delle reti idriche.
A tal fine, il Comune di Roma deve scorporare da Acea le attività idriche e conferirle a una società interamente comunale. Gli impianti di Acea disperdono il 45% delle risorse captate dal lago di Bracciano, ossia milioni di litri al giorno.
È evidente che la gestione privatistica di Acea funziona benissimo soltanto per gli azionisti che, con una corresponsabilità storica del Comune di Roma, aumentano le tariffe, abbandonano gli investimenti e mietono profitti.
A Roma va data attuazione ai risultati del referendum del 2011 e, con le entrate dalle tariffe, vanno fatti investimenti adeguati per evitare le dispersioni e ridurre i costi per le famiglie e le imprese.

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