Sulla crisi idrica in corso nel Lazio e, in particolare, a Roma, oltre a chiedere al Governo Gentiloni la dichiarazione di stato di calamità naturale, la Sindaca Raggi dovrebbe incominciare a affrontare i nodi strutturali. Vuol dire intervenire su Acea, azienda controllata al 51% dal Comune di Roma. Gli impianti di Acea disperdono il 45% delle risorse captate, ossia milioni di litri al giorno. Nel breve periodo, è necessario intensificare al massimo sia il risparmio di acqua, sia la manutenzione delle condutture. Ma non basta. È anche necessario un profondo e esteso ammodernamento delle reti idriche. Come ha documentato nei giorni scorsi la Uil, Acea è stata fonte di enormi rendite per gli azionisti privati e pubblici: a fronte di tariffe che negli ultimi anni sono aumentate del 27% gli investimenti sono rimasti sostanzialmente fermi nell’area di Roma e Fiumicino. Per far ripartire gli investimenti, il Comune di Roma deve scorporare da Acea le attività idriche e conferirle a una società interamente comunale. A Roma va data attuazione ai risultati del referendum del 2011 e, con le entrate dalle tariffe, vanno fatti investimenti adeguati per evitare le dispersioni e ridurre i costi per le famiglie e le imprese.

 

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