Nelle proposte del Presidente Macron per il rilancio della UE vi sono punti interessanti: dal governo dei flussi migratori alla tassa sulle transazioni finanziarie per l’Africa; dalla difesa comune alla tassa alle frontiere sul carbonio per chi abbandona l’accordo di Parigi su clima. Invece, è retorico e continuista su euro-zona, la nostra assoluta priorità. I risultati delle elezioni tedesche dovrebbero servire a chiedere a Berlino non irrealistiche modifiche istituzionali, ma un radicale cambiamento di rotta nella sua legislazione interna sul lavoro al fine di innalzare le retribuzioni dei suoi milioni di lavoratrici e lavoratori poveri. Così la Germania può aumentare la sua domanda interna e ridurre gli squilibri tra le economie della moneta unica, determinati dalla svalutazione del lavoro, finora insistentemente praticata. Invece, Macron, come Renzi prima di lui, fa il suo Jobs Act a vantaggio degli interessi interni più forti, in linea con le politiche liberiste avviate da Schroeder. Le destre nazionaliste non si fermano con le scomuniche ma con una sinistra che dopo trent’anni torna a fare gli interessi del lavoro.

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