Tratto dall’Huffington Post
Il 30 ottobre Tomaso Montanari, in riferimento a un’intervista di Nichi Vendola, ha espresso le sue valutazioni (negative, anzi liquidatorie) sul “valore programmatico” di Pietro Grasso per il faticoso percorso unitario avviato a sinistra. Sono, ovviamente, valutazioni legittime. Non intendo discuterle nel merito. Vorrei, invece, discutere il paradigma di cultura politica dal quale derivano posizioni analoghe.
Il campo morale e sociale “anti-sistema”, il “popolo”, non può esprimere, dal “basso”, immediatamente, un progetto politico progressivo. L’ideologia del “basso” è una visione orizzontalista, ostile allo Stato nazione, unico ambito istituzionale e politico per tendere alla sovranità democratica. Come hanno ben argomentato Carlo Formenti e Onofrio Romano, l’orizzontalismo è una visione che, in modo preterintenzionale, porta acqua al neo-liberismo, ossia al primato dell’economia sulla politica.
Il “basso”, il campo “anti-sistema” è dimensione reale imprescindibile per un progetto di alternativa, ma senza lavoro politico organizzato dall’ “alto” (un tempo avremmo detto dal Partito) rimane una giustapposizione instabile di pulsioni economico-corporative. Certo, la lettura indifferenziata, in quanto contrappositiva, è efficace a unire istanze diverse e contraddittorie. Ma, nel migliori dei casi porta all’impotenza. Oppure, a un effimero ribellismo.
Sul campo opposto, leggere l’ “alto” come “sistema” chiuso e omogeneo ne determina, a sua volta, per ragioni simmetriche, il congelamento delle evidenti “contraddizioni interne” e spinge all’arroccamento conservativo anche forze potenzialmente disponibili, anzi interessate, a un movimento progressivo.
Qualche esempio per capire. Tutta la classe politica è sistema per definizione o si salva la porzione scampata alle responsabilità di governo? Soltanto il governo nazionale contamina o anche il governo territoriale determina irredimibile appartenenza al sistema? I sindacati confederali che in larga misura sono stati con noi per difendere la democrazia costituzionale ma concertano con i governi e con i capi delle grandi imprese sono sistema o anti-sistema?
In particolare, la Cgil affianco della quale siamo scesi in piazza da ultimo per difendere il referendum sui voucher, ma che ha sostenuto la riconferma del governatore della Banca d’Italia, è sistema o anti-sistema? Camusso è sistema e Landini anti-sistema? I vertici della chiesa cattolica, i vescovi e Papa Francesco sono sistema o anti-sistema? I magistrati come li collochiamo? E gli imprenditori? Li mettiamo tutti a braccetto con Marchionne? E i maître-á-penser?
È evidente la fragilità culturale e l’autolesionismo politico dell’approccio binario “sistema/anti-sistema”, anche quando è soltanto sovra-ordinato alla, e non sostitutivo della, polarizzazione “destra-sinistra”. Fa il gioco dei nostri avversari che, in oltre tre decenni di penetrante lavorio egemonico, hanno reso senso comune l’archiviazione delle categorie “destra-sinistra” e raccontato la dialettica politica come partita tra “vecchio e nuovo”, “conservazione e cambiamento”: le prime polarità come indistinto male; le seconde come immanente bene, quando in realtà sono state e sono coperture per dinamiche regressive o reazionarie. Insomma, la lettura “sistema/anti-sistema”, “basso/alto”, “politica/anti-politica” è una trappola. Non a caso, Jeremy Corbyn e Bernie Sanders non si sono mai definiti né hanno mai definito le loro forze politiche secondo tali categorie.
In conclusione, puntare alla costruzione di una Sinistra anti-sistema, auto-confinata nel basso, velata di anti-politica vuol dire muoversi in un quadro di subalternità culturale e condannarsi alla marginalità politica.
Noi, invece, dobbiamo fare un lavoro decisamente più complesso, aperto, partecipato, ovviamente fuori dal Palazzo e dai suoi riti autoreferenziali di incoronazione del leader: riconoscere nel “basso”, nel campo “anti-sistema”, nel “popolo” gli interessi da selezionare, coltivare, ordinare e rappresentare e nell'”alto”, nel “sistema”, nelle “élite” le contraddizioni da allegare e gli interlocutori da intercettare. Insomma, dobbiamo provare a comporre un’alleanza sociale intorno a un asse programmatico all’altezza delle sfide.
Così, soltanto così, possiamo organizzare una forza di popolo impegnata nella missione distintiva della rianimazione della soggettività sociale e politica del lavoro e orientata all’inveramento della democrazia costituzionale. In tale scenario, Pietro Grasso è riferimento naturale.
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