Nel bilancio politico di fine legislatura, il Premier Gentiloni insiste a riproporre, come indicatore di efficacia delle “riforme” del Governo Renzi e del suo, il “milione di posti di lavoro in più”. Ricordiamo, ancora una volta, che sono occupati, non posti di lavoro. Ricordiamo anche che, secondo la definizione Eurostat, è occupato anche chi lavora soltanto un’ora nella settimana della rilevazione, che, dopo la fine dei 20 miliardi di euro di decontribuzioni, il flusso di contratti a tempo indeterminato è tornato al livello del 2014, mentre dilagano i contratti a termine, il lavoro sottopagato e gratuito, che grazie al Jobs Act, lavoratrici e lavoratori sono sempre più umiliati. Ricordiamo, più in generale, che l’Italia, come negli ultimi 15 anni, è rimasta fanalino di coda nell’eurozona e cresce metà della media. Sono i risultati di una politica economica liberista tutta giocata sull’offerta, a esclusivo uso delle imprese esportatrici, come da impostazione tedesca dell’eurozona. Sarebbe servita invece una politica di sostegno alla domanda, investimenti pubblici in piccole opere, per dare ossigeno a micro e piccole imprese dell’artigianato e del commercio. Senza una svolta, l’Italia continua a galleggiare, esposta ai venti dei grandi interessi finanziari.
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