Gli effetti, voluti, del Jobs Act si manifestano anche sulle retribuzioni contrattuali orarie, in perfetta sinergia con l’allargamento della precarietà. Nel 2017, come pure nel 2016, nonostante la celebrata ripresa dell’economia, le retribuzioni aumentano soltanto dello 0,6%, meno di un terzo della crescita nominale del Pil (2,1%). Il dato non dipende dal blocco dei rinnovi nella pubblica amministrazione. Nell’industria, va molto peggio della media. La cancellazione dell’art 18, la facilitazione del demansionamento, l’eliminazione delle causali dai contratti a tempo determinato hanno raggiunto l’obiettivo: indebolire ancora di più la posizione contrattuale dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali e aggravare la svalutazione del lavoro come arma competitiva per l’export. È una deriva insostenibile, sul piano economico e sociale. È necessaria una radicale inversione di rotta per ridare valore al lavoro e alimentare, anche attraverso le retribuzioni, la domanda interna.
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