Articolo pubblicato sull’Huffington Post
Caro Di Maio, evita le ipocrisie sul cosiddetto Decreto Dignità: il passaggio nelle Commissioni Finanze e Lavoro alla Camera lo ha reso negativo per lavoratrici e lavoratori. Abbiamo riconosciuto alla versione iniziale del Decreto un’inversione di rotta, seppur modesta, dopo 20 anni di interventi di precarizzazione, in particolare attraverso il padronale Jobs Act.
Ma avete ceduto alle pressioni degli interessi economici più forti. Avete allargato significativamente l’utilizzo dei voucher e facilitato la copertura del lavoro nero con l’estensione della loro validità da 3 a 10 giorni. Avete così determinato un doloroso arretramento finanche in confronto alla legislazione introdotta dal Governo Gentiloni, dopo lo scippo del referendum l’anno scorso. Avete respinto non solo il nostro tentativo di reintrodurre l’art 18 dello Statuto dei Lavoratori, ma anche i nostri emendamenti per dare efficacia all’innalzata sanzione contro i licenziamenti illegittimi.
Così, per chi vorrà licenziare arbitrariamente, sarà sufficiente omettere le motivazioni per poter incorrere nell’invariata e modestissima sanzione per “vizi di forma”. Avete bocciato la nostra proposta per estendere le causali anche ai contratti a tempo determinato sotto i 12 mesi. Così, dopo il vostro Decreto, vi sarà un’esplosione di contratti di breve periodo. Avete scimmiottato, in sedicesimi, la strada inutile e costosa percorsa dal Pd degli sgravi per le assunzioni con il contratto a virtuali tutele crescenti.
Anche voi imprigionati nella gabbia dell’economia dell’offerta, quando un vero governo di cambiamento dovrebbe alimentare gli investimenti pubblici come leva di buona occupazione. Avete approvato una norma che determina a giugno prossimo il primo licenziamento di massa dalla scuola pubblica: circa 7.000 insegnanti con Diploma Magistrale ante 2001/2002. Avete, infine, ma la lista sarebbe lunga, detto no a un nostro emendamento che estende le misure anti-delocalizzazioni anche ai Paese dell’Unione Europea, in alcuni dei quali si sposta, grazie a un mercato unico squilibrato, la stragrande maggioranza delle imprese in cerca di lavoro al ribasso.
Insomma, il segno sociale del Decreto, per chi guarda agli interessi dei lavoratori, è negativo. A questo punto, sarebbe meglio lasciarlo decadere in assenza di disponibilità a accogliere emendamenti rilevanti in aula da lunedì prossimo. Altrimenti, la dignità del lavoro viene ulteriormente ridotta.
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