È arrivato il momento Tsipras per Salvini e Di Maio. Erano partiti bene, con il Documento del Ministro Savona sull’assetto del mercato unico e dell’Eurozona e con un obiettivo di deficit al 2,4% del Pil. Purtroppo, in assoluta continuità con i governi precedenti, sono finiti a negoziare gli zeri virgola e ripiegare su un ordinario 2%. Così, regole pro-establishment vengono rafforzate dagli alfieri anti-establishment. Viene archiviata la manovra espansiva proprio quando l’eurozona rallenta. In più, bilancio pubblico, imprese e famiglie vengono zavorrate dalle conseguenze dello spread. Un capolavoro. Ma nessuna soddisfazione per la sconfitta subita. La resa di Savini e Di Maio pesa sugli interessi più in difficoltà, su chi vive di domanda interna, sul Mezzogiorno in particolare. Oggi, il fronte “non c’è alternativa” all’europeismo liberista è più forte. L’alternativa, invece, c’era: confermare il 2,4% è concentrare l’extra gettito sugli investimenti. Ora è tutto più difficile.
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