Nella bozza di decreto su pensioni e reddito di cittadinanza, finiscono le favole elettorali di Lega e M5S. Da una parte, la “cancellazione della Legge Fornero” diventa una impervia corsa a ostacoli verso una minimale “quota 100”, in vigore soltanto per un triennio, senza TFR per i dipendenti pubblici, senza inclusione degli esodati e con un pesante inasprimento dei requisiti per “opzione donna”. Nessun intervento strutturale. Dall’altro, il cosiddetto Reddito di Cittadinanza viene legato a una domanda di lavoro inevasa di fatto inesistente, in un quadro liberista dove la disoccupazione si affronta soltanto sul lato dell’offerta senza nessuna attenzione alla crescita, in particolare nel Mezzogiorno, data l’anemia di investimenti pubblici confermati dal “governo del cambiamento” al minimo storico ereditato dal Pd. Inoltre, il Reddito di Cittadinanza è vincolato a spostamenti in tutta Italia e non ha natura di diritto soggettivo in quanto subordinato alle disponibilità del Fondo costituito con la Legge di Bilancio. Soprattutto, i due interventi sono minati dagli obiettivi di deficit pubblico negoziati con la Commissione europea, garantiti da aumenti di Iva e accise per 23 miliardi nel 2020 e 29 miliardi all’anno a partire dal 2021. Insomma, in continuità con la scorsa legislatura, a ridosso delle elezioni arrivano misure elettorali.
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