Sulla cosiddetta Autonomia differenziata, anche oggi il Presidente Zaia fa propaganda e insiste su secessione dei riccchi. Fa riferimento all’autonomia regionale come fosse un prodotto identificato universalmente. L’autonomia regionale, invece, può essere articolata in chiave amministrativa in un quadro di regolazione statale a garanzia dell’unità e della coesione nazionale oppure, come è nelle bozze delle Intese con Veneto, Lombardia e Emilia Romagna, può essere declinata in chiave politica come rottura effettiva dell’unità nazionale. Il Presidente Zaia fa uso strumentale del voto popolare. Il quesito referendario approvato in Veneto con il 98% dei consensi è il massimo delle genericità possibile, tipo vuoi bene alla mamma?: “vuoi che alla Regione Veneto siano attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia?”. È evidente che dentro i “Si” si ritrova una molteplicità di interpretazioni. Avrebbe raggiunto lo stesso risultato se avesse chiesto “vuoi che la scuola pubblica diventi regionale”? La Corte Costituzionale, richiamata altrettanto strumentalmente da Zaia, avrebbe dato l’ok di fronte a una proposta che aggrava fino alla rottura le già profondissime differenze regionali? Avrebbe dato l’ok a fabbisogni standard definiti in relazione al gettito raccolto sul territorio regionale? È sempre più evidente che, dietro alla riverniciatura nazionalista, la Lega di Salvini rimane Lega Nord. È sempre più evidente che sull’autonomia differenziata, questione di primaria portata costituzionale, il M5S gioca la sua funzione politica. È sempre più evidente che il Parlamento deve poter discutere e emendare i testi delle Intese tra Governo e Presidenti delle Regioni.
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