Articolo pubblicato sull’Huffington Post

Qual è l’aspetto più grave del lungo e drammatico braccio di ferro avvenuto sulla pelle di oltre 40 persone a Lampedusa? Nessun passo avanti verso un quadro regolativo e impegni delle istituzioni europee e nazionali per la gestione razionale dei flussi dei profughi. Anzi, si conferma, quindi si aggrava, l’abbandono del terreno politico da chi, per mestiere, non dovrebbe fare né il cacciatore con la bava alla bocca di ong, ma lo sceglie, né l’ong, ma ne è costretto. Ancora una volta, la politica, intesa come razionale attività per la risoluzione dei conflitti, per la composizione degli interessi diversi e contrapposti, per la definizione e l’attuazione di soluzioni a problemi complessi e strutturali, è rimasta ai margini.

È sequestrata dallo spettacolo, anzi è spettacolo, abilmente organizzato dal Ministro dell’Interno. Sul piano umanitario, la soluzione alla fine è arrivata. Sul piano politico, è una umiliante sconfitta generale, in Italia e nell’Unione europea, per la Commissione e i governi nazionali, direttamente o indirettamente coinvolti. Non è una novità. È l’ennesimo episodio di una lunga serie. Un’interminabile serie: un altro paio di SeaWatch3 sono in arrivo nei prossimi giorni. Il Ministro social Salvini è già ripartito per Lampedusa su Twitter. Una serie di successo, per chi dalla vantaggiosa posizione di governo fonda il suo consenso sulle apparenti risposte d’ordine per alimentare il disordine, in un circuito vizioso soffocante per la democrazia.

La Comandante della SeaWatch3, va liberata. Vi sono leggi in vigore, ahimè. Ma i procedimenti giudiziari a suo carico possono andare avanti senza accanimenti e senza ulteriori “circenses” mediatici. Le valutazioni arrivate ieri da Germania e Francia su Carola Rackete suonano insopportabilmente ipocrite, strumentali, irritanti in termini morali, considerata la sedimentata indisponibilità, anche dei governi “per bene”, alla condivisione delle responsabilità sull’accoglienza e l’integrazione dei profughi e sulla revisione del Regolamento di Dublino.

 

 

Dopo l’immorale show andato in onda in questi giorni, lasciamo i video sull’attracco e le dispute giuridiche ai giudici. Chi ha responsabilità politiche deve far tornare in campo la politica sul suo terreno specifico e distintivo. Come? Per quanto siderale possa sembrare, il leader del principale partito di opposizione dovrebbe sollecitare un’iniziativa parlamentare bipartisan. I partiti di maggioranza e i partiti di opposizione, insieme e in accordo con l’esecutivo, dovrebbero richiedere ai governi europei l’irrinunciabile condivisione di responsabilità per la gestione razionale dei flussi migratori: dalla revisione del regolamento di Dublino, all’attivazione di una missione europea per adeguate attività di “search and rescue” in modo da coprire il vuoto di funzioni oggi generosamente, ma impropriamente e disfunzionalmente, navigato da alcune ong. In tale contesto, andrebbero riprese le proposte fatte dal Ministro Moavero che ieri, finalmente, ha ricordato che i porti libici non sono porti sicuri. Come indicato l’autunno scorso dal nostro Ministro degli Esteri, andrebbero progettati e realizzati hotspot nei Paesi di origine e di transito dei profughi, gestiti da una missione ad hoc della Ue, al fine di garantire canali affidabili e regolari di emigrazione controllata. Infine, ma certamente è il punto più rilevante, servirebbe un salto di qualità diplomatico, economico e di assistenza militare per far cessare la guerra civile in Libia e superare i campi di concentramento ancora operativi. Per completare la strategia, andrebbe finanziato e avviato, il pluricitato “Piano Marshall” per l’Africa, in stretta relazione con l’Unione africana.

I partiti italiani componenti delle famiglie politiche “nobili” a Bruxelles dovrebbero promuovere l’iniziativa anche nei rispettivi gruppi al Parlamento europeo e nei confronti dei partiti nazionali della famiglia di affiliazione. In tale contesto, di fronte alla perdurante assenza di risposte adeguate dai governi della Ue, l’iniziativa bipartisan del Parlamento italiano dovrebbe arrivare fino a supportare l’utilizzo da parte del nostro Governo del diritto di veto in sede comunitaria su rilevanti dossier di interesse generale.

Chi nei nostri partiti mainstream è così pronto a riconoscere il “sovranismo” dei nostri partiti di governo, dovrebbe evitare di continuare a chiudere gli occhi sul “sovranismo” degli altri governi europei, a cominciare da quello praticato dai governi dalla candida e immeritata reputazione europeista a Parigi e Berlino.

È ora di soccorrere la politica, quindi la democrazia, dal naufragio in mezzo al Mediterraneo.

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