Inevitabile. Purtroppo, il risultato delle elezioni di ieri in Grecia era inevitabile dopo la firma, sotto ricatto, da parte di Alexis Tsipras, del più feroce dei Memorandum imposti al boccheggiante Paese ellenico, nella notte tra il 12 e 13 luglio 2015, al Vertice Euro di Bruxelles. Nel racconto ufficiale, serviva a salvare la Grecia. In realtà, l’obiettivo era pagare le banche tedesche e francesi e privatizzare gli asset più preziosi di Atene. Da allora, è stata martellante la propaganda dell’establishment mediatico, politico, finanziario di tutti i Paesi europei, interpretato da Ppe e Pse: non c’è alternativa all’europeismo liberista. Chi ci prova fa la fine della Grecia. Fu lo stesso Tsipras a ricordarlo a Dicembre scorso allo sgangherato Governo italiano impegnato in un durissimo braccio di ferro con la Commissione Europea. In assenza di alternative praticabili, i settori della classe media greca più colpiti hanno scelto razionalmente: meglio l’insider, l’ultimo rampollo della dinastia politica conservatrice Mytsoktakis che il riluttante parvenu a capo di Syriza. Ma non è vero che non c’è alternativa. Nonostante la tronfia propaganda dominante, non è così. Il programma economico e sociale imposto a Atene e largamente attuato ha avuto devastanti conseguenze sociali, ma il debito rimane insostenibile e la capacità produttiva greca decimata. La Grecia non è pacificata. L’Ue e l’eurozona rimangono insostenibili. L’alternativa dalla parte del lavoro va costruita. Altrimenti, vince l’unica alternativa in campo: quella nazionalista e autoritaria.
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