Articolo pubblicato sull’Huffington Post

Matteo Renzi propone di tagliare la Sanità e i trasferimenti ai Comuni per “coprire” l’impatto sui conti pubblici di una consistente riduzione del cuneo fiscale. È quanto, ovviamente non esplicitato, ma conseguente alle sue “geniali” proposte contenute nella lettera di ieri al Corriere della Sera. Nella missiva, il nostro alleato segnala la presenza nel Bilancio pubblico per il 2020 di 150 miliardi di euro per acquisti di beni e servizi. Quindi, annuncia che, vi fosse il suo rinomato coraggio, si potrebbero saccheggiare per abbattere il cuneo fiscale, invece che limitarsi al “pannicello caldo” predisposto da Gualtieri. 

La propaganda è fastidiosa quando fatta dai cosiddetti populisti. Diventa, però, insopportabile quando è frutto di sedicenti statisti innaturalmente e inspiegabilmente fuori dal governo del Paese. È facile fare i tagli in riferimento a generici aggregati di spesa. Più complicato specificare. Matteo Renzi, nella sua propagandistica lettera al Corriere, omette di indicare che oltre l’80% dei 150 miliardi sui quali propone di intervenire è costituita da risorse per la sanità e per i Comuni. Evita di scrivere che, in rapporto al Pil, la spesa per acquisti di beni e servizi diminuisce e che l’incremento in miliardi di euro previsto (“tendenziale”) è quasi interamente dedicato alla Sanità: un aggregato di spesa già, grazie anche a lui, agli ultimissimi posti nell’eurozona, segnato dall’invecchiamento dei cittadini e dall’innalzamento dei prezzi di farmaci e macchinari innovativi; una quantità di risorse drammaticamente insufficienti, integrate da rilevanti ticket, vere e proprie barriere all’accesso di prestazioni essenziali per milioni di italiani in difficoltà economiche. Nella lettera, inoltre, viene rimosso che il resto dell’incremento previsto, colpito dalla scure dell’ex Presidente del Consiglio, va a alleviare la sofferenza di tanti bravi Sindaci a cui la stagione renziana di finanza pubblica ha aggravato le difficoltà.

È singolare che chi ha fatto esplodere le clausole di salvaguardia, ora si improvvisi grande prestigiatore di finanza pubblica. Qui sotto una tabella per ricordare l’attore protagonista del film horror sui mega aumenti di imposta scritti in bilancio ancora oggi: le manovre del 2015 e 2016 lasciavano in eredità 19 miliardi di maggior Iva e accise da disinnescare per il 2020. Infine, ma non ultimo, nella brillante lettera al prestigioso quotidiano, immancabile, è diventata trendy, l’affermazione di impegni per innalzare gli investimenti pubblici. Bene, ma segnalo che il Governo Renzi li ha portati al minimo storico: 3,4% del Pil.

 

REPUBBLICA
clausole

 

La nostra è contro-propaganda? Facciamo così: appena arriva in Parlamento, il sen Matteo Renzi presenti un emendamento al Disegno di Legge di Bilancio per realizzare la sua energica sforbiciata. Lo firmiamo. Ma deve essere un emendamento ammissibile, “bollinabile”, ossia esplicito e specifico nei programmi di spesa da tagliare.

La strada da intraprendere è opposta: vanno abbandonate le ricette supply side di smantellamento del welfare, va definita e attuata un’agenda di sostegno alla domanda interna. Quindi, una rotta keynesiana per gli investimenti pubblici, in particolare nel Mezzogiorno e, sopratutto, misure protettive del lavoro e delle piccole imprese anche nei confronti dei partner del mercato unico europeo, sciaguratamente allargato a 28 nel 2004 dalla Commissione Prodi, fattore devastante di dumping sociale e fiscale.

Insomma, la discontinuità del Governo Conte 2 va affermata, oltre che verso il Conte 1, anche verso i governi Renzi e Gentiloni. Gli esiti elettorali, sia in termini di voti persi, sia in termini di settori sociali rappresentati, dovrebbero indurre a qualche cautela chi si ripresenta come genio incompreso, colpito dal fuoco amico. Anche basta con la demagogia e la guerriglia liberista che allarga ancora di più gli spazi di popolo alle forze nazionaliste e regressive. Altrimenti, meglio andare subito alle elezioni politiche

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