È fattore di grave conflitto istituzionale lasciare al Parlamento soltanto l’1% delle risorse mobilitate dai Decreti per rispondere all’emergenza Coronavirus. Per ricostruire l’Italia è necessaria, come nel dopoguerra, coesione nazionale. A tal fine, sono giusti, anzi necessari e condivisibili, gli appelli, a partire da quello fatto con autorevolezza e grande forza morale per il 25 Aprile dal Presidente Mattarella. Tuttavia, devono esserci le condizioni politiche affinché non diventino vuoti e retorici. Vanno evitati gli errori e le forzature istituzionali verificatesi sul Decreto “Cura Italia”, certamente involontarie e dovute alla fretta di agire e all’incertezza del contesto di finanza pubblica, ma tali da determinare dannosi scontri tra maggioranza e opposizioni e tensioni tra Governo e maggioranza. Qui, non segnaliamo un problema di procedure e riti e di buona educazione costituzionale, pur essenziali in una democrazia. Qui, evidenziamo l’impossibilità di riconoscere pienamente le emergenze economiche e sociali prioritarie senza l’attivo coinvolgimento di chi è sul territorio ed è immediata espressione dei cittadini. Qui, proviamo a richiamare l’attenzione del Governo sulle basi per una ricostruzione condivisa, quindi all’altezza delle sfide. Qui, si fissano anche i presupposti per un voto unanime delle aule parlamentari sull’ulteriore scostamento del deficit di bilancio dall’obiettivo già innalzato all’inizio di Marzo scorso.
Quindi, affinché la coesione nazionale possa irrobustirsi, una parte significativa dei 55 miliardi di maggior deficit prevista nel Def appena approvato dal Consiglio dei Ministri va salvaguardata per gli interventi di Camera e Senato. Il quantum non può essere 0,8 miliardi, ossia l’1% delle risorse messe in campo dal Decreto Cura Italia e dal Decreto in arrivo. Siamo sicuri che, dopo la divisiva esperienza del “Cura Italia”, il Governo avrà attenzione a garantire la centralità del Parlamento, sempre omaggiata dal Presidente Conte e sempre invocata dal Quirinale.
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