Articolo pubblicato sull’Huffington Post
Neanche la settimana di Ferragosto di tregua: è incessante l’offensiva del Pd per l’accesso al Mes. Dal Segretario Nazionale in giù, ripartono le intimazioni al M5S per dimostrare “maturità politica”. Ovviamente, sono ideologici i No al Mes, mentre sono razionali e oggettivamente empirici i Sì. Il Pd, sempre più esplicitamente impegnato a legittimarsi come partito garante subalterno del vincolo esterno, insiste sul regalo di Babbo Natale ancora (per poco, sostengono i bene informati) rifiutato dal M5S a causa di residue scorie di populismo. Non vi sono condizionalità, ripetono in coro con larga parte dell’establishment, comprensibilmente intento ad affermare gli interessi della finanza e delle imprese legate all’export. Ma i pragmatici e maturi sostenitori del Sì Mes non spiegano perché, nonostante la conclamata convenienza, nessuno altro Stato dell’eurozona intende approfittare del pasto gratis.
Eppure, seppur minori dei nostri, Grecia, Portogallo, Spagna e perfino Francia avrebbero risparmi in termini di spesa per interessi da ripagare. Vero: non vi sono condizionalità all’accesso. Ma, poiché il trattato istitutivo del Mes, i Trattati europei, i regolamenti comunitari sono rimasti invariati, le condizionalità scattano dopo l’accesso, quando, per statuto, il board del Mes valuta la solvibilità del debitore, l’Italia, e rileva un rischio oggettivo, dato un debito pubblico che per noi, a fine anno, si aggira intorno al 170% del Pil, in uno scenario senza inflazione e una crescita schiacciata dal dumping sociale e fiscale del mercato unico europeo, in un contesto globale segnato dall’esaurimento della spinta propulsiva degli Stati Uniti Usa importatori-consumatori di ultima istanza. In sintesi, di fronte al rischio di solvibilità, arriva il programma di aggiustamento macroeconomico e strutturale.
Pd e M5S, insieme, dovrebbero, invece, adoperarsi, in un’alleanza con i Governi degli Stati più sacrificati, per una svolta keynesiana nell’Ue. In particolare, dovrebbero insistere attraverso il governo Conte per avvicinare l’intervento della Bce, ancora frenata dal suo mandato ordoliberista, al comportamento della Fed e motivare le ragioni per instaurare un regime finanziario di rinnovamento perpetuo dei Titoli di Stato acquistati dalle anche centrali nazionali. Infine, sarebbe decisivo promuovere una radicale riscrittura delle regole dell’eurozona. La riattivazione del Patto di Stabilità e Crescita, senza neanche una minimale golden rule per consentire l’addizionalità dei prestiti previsti dal Recovery Fund, e la concorrenza al ribasso del mercato unico europeo determinato uno scenario di soffocamento, nonostante gli effetti positivi ascrivibili all’impiego accorto dei celebrati 209 miliardi resi disponibili da Next Generation Eu.
Il M5S la prova di maturazione politica l’ha data nei giorni scorsi nel voto per derogare alla regola dei 2 mandati e per la praticabilità di alleanze pre-elettorali. Oggi, dovrebbe affermarsi nella difesa di quelle fasce sociali, disoccupati e lavoratori precari, subordinati e autonomi legati alla domanda interna, spiaggiati da trent’anni di europeismo liberista.
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