Sgonfiatosi il populismo dal basso del M5s, arriva puntuale a tentare di occuparne lo spazio elettorale il populismo dall’alto. E’ il populismo anti-sindacale e anti-politica di Carlo Calenda. Lo conferma anche oggi in un’intervista. E’ un classico delle classi dirigenti italiane, codificato da Gramsci nei Quaderni del carcere: nelle fasi di profonde ingiustizie sociali e di acuto sfruttamento del lavoro, per proteggersi, gli interessi piu’ forti scaricano la rabbia popolare su lavoratrici e lavoratori e chi li rappresenta sul versante sociale e sul versante politico. Coerentemente con la sua storia e i suoi interessi di riferimento, l’ex Ministro del Governo Renzi vuole dare ai privati un’ulteriore fetta di monopoli naturali, in particolare il ciclo dei rifiuti e il Tpl. Nel Regno Unito, il Premier conservatore Johnson ri-nazionalizza le ferrovie dopo i disastri determinati dai privati che, come e’ evidente da noi con le autostrade o anche il bilancio Acea, aumentano le tariffe, minimizzano gli investimenti e mietono rendite miliardarie. E’ evidente che Carlo Calenda non conosce la realta’ romana: non sa quanti scontri, anche fisici, abbiamo avuto insieme alle organizzazioni sindacali contro la Giunta Raggi. Parla come Lemmetti: thatcheriani fuori tempo massimo. Ma il centrosinistra, almeno a Roma, ha superato la malattia liberista degli ultimi 30 anni. La Carta d’Intenti che abbiamo sottoscritto come candidati alle primarie del centrosinistra del 20 giugno e’ chiara: puntiamo tutti al dialogo sociale come metodo di governo, al risanamento e rilancio delle aziende municipali e all’internalizzazione dei servizi e dei relativi lavoratrici e lavoratori.
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