CHI SONO
Classe 1966, nato a Roma, cresciuto a Nettuno.
Un ragazzo di provincia come tanti, forse anche po’ coatto: gli amici, lo studio, lo sport (corro ancora, appena posso). Mamma casalinga, papà falegname, votavano Pci. Cattolici, mi hanno lasciato il senso della religione e un grande rispetto per tutte le fedi.
 
E, soprattutto, il dovere di impegnarsi per gli altri, specie se deboli. Oggi mi riconosco nei moniti di Papa Francesco per superare il liberalismo e l’individualismo dell’economia “dominante”, attraverso la dottrina sociale della Chiesa
La Bocconi era un’elite. Erano gli anni Ottanta, la Milano da bere dei Craxi e dei Pillitteri: non proprio il mio ambiente. Mi concentravo sullo studio, ma per molti era il “background” sociale che mi mancava: “Sei sicuro di voler continuare qui, alla Bocconi?”. Credo che, più sinceramente, il professore di storia che me l’ha chiesto pensasse: “uno come te, cosa ci fa qui?” Avevo 19 anni, non riuscii a rispondere a tono, ma mi iscrissi al PCI. Al volo. Avevo provato sulla mia pelle la disuguaglianza sociale, quale abisso ci fosse tra le opportunità concesse a qualcuno e negate ad altri. Iniziano le riunioni dei giovani comunisti, l’impegno nella politica studentesca, il “confronto” con il Rettore Mario Monti (sì, “quel” Mario Monti…).

Per gli aziendalisti dell’università il mio dipartimento “Discipline economiche e sociali”, non serviva. Vincemmo noi e Monti si pronunciò in favore del mantenimento.
Era definitivamente scattata la passione della mia vita, la Politica (con la “P” maiuscola, per rispetto). Nel ’90 divento segretario degli universitari della sinistra giovanile, me lo propone Gianni Cuperlo.. Continuo a macinare esami per mantenere la borsa di studio e mi laureo in storia del pensiero economico. Smith, Ricardo e Marx: è merito loro – o forse colpa – se sono diventato un economista.

Ho discusso la tesi con Giorgio Lunghini, criticando l’assioma neoclassico del “consumatore sovrano”: i mercati non sono neutri, ma costruiti da soggetti e operatori con lo scopo di orientare il consumatore.

Ritorno a casa, mi riavvicino a Rosaria. Abitavamo ad Anzio, sbarcavamo il lunario con poche lire. Per due anni ho fatto politica a tempo pieno. Lavoravo a Botteghe Oscure (la mitica sede del Pci) e facevo esperienza in Italia e all’estero. Nel 1996 vince l’Ulivo. Dopo anni di collaborazioni da precario per studi e ricerche, Laura Pennacchi mi chiama al Ministero dell’Economia. Non era un momento qualsiasi: stavamo entrando nell’Euro. Niente riflettori, ero solo una “terza fila”. Però ho avuto la fortuna di lavorare con Ciampi, uomo d’altri tempi, di grandi capacità e umanità. Ricordo che dopo quei mesi intensi e faticosi inviò una lettera a tutti i dipendenti del ministero, ringraziando ognuno, senza distinzione di ruolo, da Mario Draghi ai commessi delle anticamere. Un gesto molto moderno.

Nel 1999 mi trasferisco negli Stati Uniti. Avevo ottenuto una consulenza alla Interamerican Developement Bank un’istituzione kennedyana degli anni sessanta. La prima cosa che ho fatto negli States è stato assistere ad un incontro degli Yankees. Avevo una voglia matta di vedere una partita, in un grande stadio. A Nettuno il baseball va forte per davvero, pura eredità dello sbarco americano. Da ragazzo avevo anche vinto due campionati italiani giovanili, ma – lo ammetto – quelli bravi erano i miei compagni. Io riuscivo meglio negli studi. Con Rosaria ci siamo sposati lì, in America, nel 2000. Lei e mio figlio avevano bisogno del visto per evitare di dover tornare in Italia ogni tre mesi. E’ stata una cosa molto informale; almeno lei aveva un vestito bianco, io neanche la giacca.

A quel punto è arrivato il Fondo Monetario Internazionale un’opportunità niente male, 100.000 dollari l’anno più benefit, un altro pianeta. Chi li aveva mai visti?

Due anni di prova e poi l’assunzione. Il mio primo lavoro a tempo indeterminato.La passione politica, però, era rimasta. Seguivo i seminari della Brookings Institution, una fondazione democratica dove una mattina poteva capitarti di sentir parlare Hillary Clinton. Mi sono persino ritrovato a fare la campagna elettorale di Kerry porta a porta. C’è un altro momento impossibile da dimenticare nella mia esperienza americana: l’11 settembre 2001. Eravamo a Washington, Rosaria insegnava lontano dal centro, ma il Fondo Monetario era a due passi dalla Casa Bianca. Ricordo una città deserta, camminavamo senza incrociare nessuno. Un anno dopo Bersani mi chiama a collaborare alla stesura del programma elettorale del 2006. Lascio il Fondo, lo stipendio e torno a Roma anche io. È stata un’esperienza importantissima, anche per il rapporto di stima e amicizia instaurato con Pierluigi. Con l’Unione al Governo seguo Vincenzo Visco al Ministero delle Finanze: due anni difficili, come forse ricorderete, ma molto istruttivi per me. L’altra faccia della medaglia di un periodo indimenticabile è stata l’instabilità familiare: mia moglie mi lascia. Colpa mia, non volevo altri figli. La morte di mio fratello Giampaolo, rapito da un tumore in poche settimane a 39 anni, mi cambia profondamente. Io e Rosaria ci siamo nel frattempo ritrovati: ho capito quanto la mia vita prenda senso con lei. Nel 2008, il giorno del mio compleanno, nasce Cecilia e nel 2010 Livio.Oggi la cosa più importante è non ripetere gli errori: sto con i bambini, li sveglio, li vesto, preparo la colazione, li porto a scuola. Cerco di esserci ogni mattina, magari tornando a casa alle quattro di notte. So tutto di Peppa Pig e dei suoi amichetti. È la mia seconda opportunità e non voglio sprecarla. A. che ora lavora a Londra, ha avuto un padre troppo giovane e troppo assente